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Tuesday, January 27, 2015

Meraviglie del mondo subacqueo: la flotta sommersa della laguna di Chuuk

60 navi da guerra, 200 aerei e migliaia di soldati. Questo fu il conto che dovette pagare l'Impero del Giappone tra il 16 e il 17 febbraio del 1944, quando gli Stati Uniti attaccarono a sorpresa Chuuk, un atollo micronesiano del Pacifico occidentale, roccaforte inespugnabile degli asiatici dall'enorme valore strategico.
L'Operazione Hailstone, così fu chiamata, segnò una vittoria decisiva nella seconda guerra mondiale e, pochi mesi dopo l'attacco, il contingente giapponese dell'atollo, isolato dalla marina nemica e privato dei viveri, si arrese.

Chuuk atoll
Chuuk (o Truk) dall'alto (FONTE)
La guerra, a Chuuk, non è rimasta solo sui libri di storia o nei ricordi dei più anziani: la memoria del conflitto, piombato senza preavvisto sulle vite dei tranquilli pescatori indigeni, ha lasciato decine di navi e centinaia di aerei sul fondale dell'immensa laguna dell'atollo.

Inclusa nelle sette meraviglie dell'Oceania nominate da questo blog, ecco alcuni scatti della flotta sommersa dell'atollo di Chuuk.

Chuuk Lagoon 1
Un relitto di aereo sul fondale
Si stima che nella laguna ve ne siano quasi 200
(FONTE)

Chuuk Lagoon 2
Il ponte di una nave ricoperto dai coralli

Chuuk Lagoon 3
Fauna marina che si "arrampica"
sul pilastro di una nave
Chuuk Lagoon 4
I resti di un carro armato sul pontile 
di una nave sommersa
Sul fondale della laguna ci sono incrociatori, portaerei e cacciatorpedinieri, insieme a carri armati, migliaia di armi, proiettili e, inevitabilmente, anche le ossa di quelle poche decine di soldati che non sono ancora stati rimpatriati in Giappone per avere una sepoltura.
Ciò che un tempo era stato concepito per conquistare, sparare e uccidere, è stato annientato dopo due giorni dalla "Pearl Harbor del Giappone" ed ora, nel fondo del mare, è diventato il fondamento per la nascita di nuove barriere coralline.
Nel 1969 il famoso documentarista Jacques Cousteau, che realizzò film e reportage sulle barriere coralline più spettacolari della terra, girò una pellicola in questi luoghi, dal nome "The lagoon of the last ships".


Tuesday, January 20, 2015

Nan Madol, l'Atlantide del Pacifico

La densa vegetazione tropicale e il mare blu nascondono da secoli la maggior parte dell'antica Nan Madol, l'Atlantide dell'Oceania (o Venezia del Pacifico), uno dei più sorprendenti esempi di perspicacia e coraggio degli esseri umani, oggi monumento dimenticato al passato dell'isola su cui è stata fondata: Pohnpei, una piccola e selvaggia landa degli Stati Federati di Micronesia.

Stupisce non poco come una città costruita da 92 isole artificiali sopra una barriera corallina, composta solo da enormi e pesantissimi blocchi basaltici trasportati a mano per chilometri attraverso la foresta tropicale e capace di resistere per secoli alle mareggiate, alle tempeste tropicali e alle guerre, sia ora lasciata a sè stessa e all'aura di mistero che alla vista di tutti, archeologi, abitanti locali e viaggiatori, ha sempre avuto.
Per contribuire a conoscere di più questo luogo, una delle 7 meraviglie dell'Oceania, questo blog si addentrerà per voi nelle deserte rovine del più grande sito archeologico del Pacifico...

Nan Madol Ruins 1
Dentro le rovine di Nan Madol
Breve storia di Nan Madol
L'umanità mise piede su Pohnpei, o Ponape, circa 2200 anni fa.
Come accade nelle isole così lontane dalla terraferma, gli indigeni svilupparono col tempo una religione, una lingua e tradizioni proprie, diverse da quelle dei luoghi da dove erano partiti, e l'ambiente difficile dell'isola favorì la divisione della gente in più villaggi in combutta tra loro, governati da anziani capi ma con una cultura di fondo simile.

Quando una dinastia, quella dei Saudeleur, prevalse definitivamente sul potere degli altri villaggi e iniziò a dettar legge su tutta Pohnpei, i capi di questa famiglia decisero che fosse giunto il momento di sigillare il loro dominio e di dimostrare la loro forza, per evitare di essere spodestati e rendere eterno il loro comando sull'isola.

Fu allora, stiamo parlando di un periodo compreso tra il 900 e il 1100, che iniziò la costruzione di Nan Madol, il cui nome significa "luogo di mezzo" (a metà strada tra Pohnpei e le piccole isole appena al largo della sua costa), una città concepita allo scopo di fornire una residenza per i nobili della dinastia, sufficientemente sicura e abbastanza imponente da scoraggiare chiunque nell'affrontarli.

Nan Madol Ruins 2
Vista di una delle antiche fortezze dal mare (FONTE)


La posizione, letteralmente sopra l'acqua, non fu casuale: permetteva ai Saudeleur di evitare attacchi da terra, e l'unico canale della barriera corallina che permetteva il passaggio di navi nemiche fu sbarrato con un muro, anche questo eretto a partire dal fondale marino.

Nello scopo e nello stile Nan Madol ricorda in parte Lelu, sito archeologico di un'altra isola della Micronesia, Kosrae. Anche Lelu fu costruita sull'acqua ma, come vedremo, sopravvisse molto di più (nonostante non si possa considerare grandiosa come Nan Madol).

Nan Madol, al picco del suo sviluppo demografico e urbanistico (1400), raggiungeva la popolazione di 1000 abitanti, in maggioranza nobili seguiti da gruppi di servi provenienti da tutta l'isola: i Saudeleur, in effetti, erano noti per la loro cattiveria e intransigenza, e il ricordo del loro lungo dominio vive ancora nella memoria degli abitanti di Pohnpei, convinti che le rovine di Nan Madol siano infestate dagli spiriti maligni.
A consolidare queste paure è anche la leggenda metropolitana secondo cui il governatore della Micronesia, quando Pohnpei era una colonia tedesca, sarebbe morto il giorno dopo aver profanato una delle più importanti tombe della città.

La grandezza di Nan Madol
Il fatto che solo 1000 abitanti vivessero in questa città durante il massimo splendore è un dato che può ridimensionare, almeno in una prospettiva moderna, l'importanza archeologica di Nan Madol.
Tuttavia, considerato che l'isola di Pohnpei non aveva più di 25 000 abitanti, costruire una città di 750 milioni di tonnellate di basalto sull'acqua, rappresenta uno sforzo maggiore di quello che gli egizi dovettero affrontare per costruire le Piramidi di Giza (così afferma Rufino Mauricio, archeologo nativo del luogo), e l'entità di questo sforzo è ancora più evidente se si osservano gli edifici che compongono Nan Madol.

Nan Madol Ruins 3

Il Nan Douwas, fortezza a scopo funerario dotata anche di una prigione, ha mura alte 10 metri e spesse 4, con massi di basalto pesanti fino a 50 tonnellate e trascinati a mano (non è riscontrata ai tempi dei Saudeleur la presenza di leve o strumenti in metallo) attraverso tutta l'ìsola.
In altri luoghi della città si possono trovare tunnel sotterranei, piscine rituali, altari e anche un grande tamburo per riunire la popolazione, o forse dare l'allarme. Un tempio di Nan Madol risulta poi la più grande struttura a scopo religioso di cui siano mai state trovate le rovine in Oceania: lungo 90 metri e largo 20, con mura alte nove e in parte sommerso.

Sarebbe bello poter credere che questa città sia stata costruita con l'ausilio della magia nera, come le tradizioni orali degli indigeni vorrebbero, e che i blocchi basaltici siano arrivati volando ai loro luoghi attuali. Forse, è ancora più bello pensare al miracolo che una piccola civiltà insulare, sprovvista di tecnologie, è riuscita a compiere.

Nan Madol Ruins 4
L'entrata del Nan Douwas


Il declino e la fine della "Venezia del Pacifico"
Dal 1500, almeno secondo i pochi archeologi che hanno studiato Nan Madol, la città subì un brusco declino, e all'arrivo degli europei nell'800 essa risultava deserta, abbandonata alla vegetazione e ai misteri che ancora oggi porta con sè.
Perchè una città che era costata tanta fatica e ingegno fu lasciata dai suoi abitanti?

Attorno al '500, è probabile che i Saudeleur furono sconfitti da un'altra dinastia, i Nahnmwarki, guidati dal capo Isokelekel, sepolto nell'isola artificiale di Karian, anch'essa parte del complesso di Nan Madol. Isokelekel fu però un'eccezione, probabilmente: la nuova dinastia non seppe mantenere potente la città, che in poco tempo perse la sua importanza. In realtà, la semplice mancanza di polso che seguì la caduta dei Saudeleur non è un motivo sufficiente per spiegare la caduta di Nan Madol: altre ipotesi, difficili da verificare, sono epidemie, cambiamenti climatici che hanno alzato il livello del mare rendendo inabitabile la città, o forse la fame, perchè Nan Madol doveva per forza importare dal resto di Pohnpei i generi alimentari.

Probabilmente, il mistero è destinato ad aleggiare per sempre tra gli scuri, silenziosi e imponenti complessi di questa Atlantide dell'Oceania. Ed è meglio così: forse, se sapessimo tutto su Nan Madol, sugli intrighi dinastici, sui presunti sacrifici umani, sul trasporto degli enormi massi e sulla costruzione degli edifici verrebbe meno il fascino che questo luogo, nonostante l'abbandono, le superstizioni e l'oceano che oggi nasconde buona parte di esso, ancora conserva.

Nan Madol Ruins 5
Tratti delle rovine sommerse (FONTE)

Friday, December 12, 2014

Le Stone Money di Yap, le monete più grandi del mondo

Sono le monete più grandi della terra, pesanti fino a 8 tonnellate, e sono state trasportate per 450 km attraverso l'Oceano Pacifico su piccole barche costruite con il bambù: sono le Rai, o stone money, nominate da questo portale una delle 7 meraviglie dell'Oceania, simbolo di una piccola e quasi incontaminata isola del Pacifico occidentale, Yap.

Yap Stone Money Bank
Una fila, o banca, di Rai a Yap
La storia delle stone money nacque quando gli indigeni di quest'isola micronesiana vennero a conoscere un particolare tipo di roccia che potevano vantare le isole Palau, distanti 450 km. I contatti fra Yap e questo arcipelago, nonostante le distanze, erano regolari, e in non troppi anni le roccie calcaree con cristalli di aragonite, che a Yap erano introvabili, incominciarono ad essere considerate in questo angolo di Micronesia come l'oro o i diamanti per gli europei, finendo ben presto per diventare simbolo di potere e di ricchezza per le famiglie dei villaggi.

Tuesday, October 21, 2014

Bandiera degli Stati Federati di Micronesia: storia e significato

                     Articolo principale sugli Stati Federati di Micronesia

Bandiera degli Stati Federati di Micronesia


La bandiera degli Stati Federati di Micronesia si compone di un disegno semplice: uno sfondo celeste con al centro 4 stelle bianche in formazione a rombo.
Il celeste simboleggia, come per tutte le nazioni dell'Oceania, il Pacifico, ma anche il colore delle Nazioni Unite (legati alle isole perchè affidarono la Micronesia in amministrazione fiduciaria agli USA dopo la seconda guerra mondiale), mentre le 4 stelle si riferiscono ai 4 stati che compongono la nazione: Pohnpei, Chuuk, Pohnpei, Yap.

Monday, July 7, 2014

A spasso per...Pohnpei, Stati Federati di Micronesia

Dopo il nostro tour virtuale a Majuro, la capitale delle Isole Marshall, è arrivato il momento di un secondo tour, ancora in una località della Micronesia, ma stavolta immergendoci nel mondo dell'Isola di Pohnpei, uno dei 4 Stati Federati di Micronesia, nazione vicina alle Isole Marshall ma che non mancherà di stupire nè dal punto di vista culturale nè da quello ambientale.

Come sempre, ribadisco che le fotografie, sebbene non protette da copyright, non sono di mia proprietà, ed inoltre il racconto non è basato su ciò che ho visto personalmente (non sono mai stato in Oceania) ma è una rielaborazione di tutti i racconti di viaggio di turisti e reporter, di documentari e articoli di giornali e blog inerenti alle località trattate. Il tutto vuole rappresentare i luoghi nel modo più veritiero e obiettivo possibile, senza pretese di completezza totale, ma con il semplice scopo di farne un ritratto adatto a chi cerca informazioni per necessità o per curiosità.
Buona lettura.

Monday, April 7, 2014

La Rocca di Sokehs, simbolo di Pohnpei e della Micronesia

Ciò che spesso distingue le diverse isole, viste dal mare, è la forma. E questo vale anche per Pohnpei, uno degli Stati Federati di Micronesia.
Vista dal mare, Pohnpei è dominata dal promontorio di Sokehs, uno dei simboli più famosi di tutta la Micronesia.

Sokehs rock
Il promontorio
da nord-ovest
La leggenda narra che il primo uomo arrivato a Pohnpei, un navigatore che veniva da ovest, avvistò l'isola grazie a un'imponente fontana di acqua che zampillava dal luogo dove si trova il promontorio.
L'uomo continuò il suo viaggio fino ad un'altra misteriosa isola dove incontrò un mago e lo convinse a porre un enorme masso sopra la fontana. Il masso con cui il mago chiuse la fontana, secondo la leggenda, non è altro che l'attuale promontorio, noto nella lingua locale come Paipalap, la "grande roccia".
L'importanza storica di Sokehs deriva dalla sanguinosa rivolta degli indigeni contro i coloni tedeschi, avvenuta tra il 1910 e il 1911 e rimasta impressa nella memoria locale come il simbolo per eccellenza della libertà contro il colonialismo.

Dall'inizio del secolo scorso, il governo tedesco che aveva preso possesso della Micronesia impose a tutti gli autoctoni, compresa la tribù di Sokehs, due settimane di lavori pubblici in cambio della concessione di terre: un'assurdità per chi, come i Micronesiani, abitava le isole e possedeva le terre da prima che i tedeschi venissero anche solo a sapere della loro esistenza.
Samuel, un guerriero locale, istigò la sua tribù, che viveva proprio ai piedi della grande Rocca, a ribellarsi contro i tedeschi, che per domare la rivolta dovettero addirittura chiamare dagli altri loro possedimenti coloniali due incrociatori: nel febbraio del 1911, gli europei sedarono la rivolta, al prezzo di 5 morti e 14 feriti. Decine di ribelli furono incarcerati, e 15, Samuel compreso, furono fucilati. Inoltre, la tribù di Sokehs fu "deportata" alle isole Palau, dalle quali sarebbe tornato solo 17 anni dopo, quando la Micronesia era passata sotto il controllo dei giapponesi.
Samuel, oggi, è uno degli eroi nazionali degli Stati Federati.

Sokehs Rock 2
La Rocca e la baia di Kolonia viste da sud-est
L'escursione alla rocca è un sentiero di media difficoltà, che alterna tratti di salita lungo pareti rocciose a trekking nella foresta pluviale.
Durante il viaggio, è possibile imbattersi in postazioni di mitragliatrici giapponesi (ovviamente non più attive...), rovine della strada coloniale che passava di qui, e caverne infestate di pipistrelli.

Altri uccelli, come il gufo di palude di Pohnpei (Asio Flammeus Ponapensis) e volatili marini si possono inoltre avvistare dalla vetta. Se il clima umido della Micronesia grazierà il viaggiatore, si potrà anche godere di una spettacolare vista sugli atolli circostanti Pohnpei, come Pakin Atoll.

Umidità o no, ammirare il tramonto sull'Oceano, dalla cima di questo simbolo della Micronesia, è invece sempre possibile.

Sunset from Paipalap
Tramonto sulle isole di Lenger e Parem, cima di Sokehs