Come sempre, ribadisco che le fotografie, sebbene non protette da copyright, non sono di mia proprietà, ed inoltre il racconto non è basato su ciò che ho visto personalmente (non sono mai stato in Oceania) ma è una rielaborazione di tutti i racconti di viaggio di turisti e reporter, di documentari e articoli di giornali e blog inerenti alle località trattate. Il tutto vuole rappresentare i luoghi nel modo più veritiero e obiettivo possibile, senza pretese di completezza totale, ma con il semplice scopo di farne un ritratto adatto a chi cerca informazioni per necessità o per curiosità.
Buona lettura.
L'isola di Pohnpei, o Ponape, il cui nome significa "sopra un altare di pietra" nella lingua locale, costituisce, assieme a pochi piccoli atolli, uno dei 4 Stati Federati di Micronesia, una confederazione di isole del Pacifico occidentale la cui capitale effettiva, Palikir, è proprio ospitata a Pohnpei.
Quest'isola, calda, piovosa e in maggioranza incontaminata, non è nè famosa nè forse mai lo sarà: ma questo non toglie valori ai suoi tesori di fauna, paesaggi e cultura, che almeno in parte saranno riassunti nell'articoli.
Il nostro "tour" inizia da dove arriverete al 99 % delle probabilità se viaggerete a Pohnpei: dall'aeroporto internazione dell'isola di Dekehtik, un isolotto appena al largo di Pohnpei.
Arrivando sull'unica pista dell'aeroporto, dall'aereo, è possibile sorvolare la Rocca di Sokehs, simbolo dell'isola, di cui Rive d'Oceania si è già occupato QUI.
La Rocca di Sokehs dalla pista dell'aeroporto |
Da Dekehtik scendiamo, con l'unica strada disponibile, fino all'ex capitale degli Stati Federati di Micronesia, la città più "grande" e multietnica di Pohnpei: Kolonia.
Un tempo un luogo disabitato chiamato Mesenieng (in fronte al vento), la penisola su cui sorge la cittadina ospitò un villaggio spagnolo di nome Santiago de la Ascensiòn, fondato nel 1887 e passato velocemente tra le mani dei tedeschi (1899), dei giapponesi (1914), e degli americani (1947).
La storia non è mai stata particolarmente clemente con Kolonia: oltre ai frequenti passaggi da una potenza coloniale all'altra, nel 1905 la città è stata devastata da un tifone, fu invasa in ogni dove da coloni asiatici durante il dominio nipponico (in città esiste anche oggi una chinatown) e fu duramente colpita anche dalla seconda guerra mondiale.
Osservandola, dal satellite o dalle sue strade, si percepisce come Kolonia, che è comunque considerata una città secondo gli standard micronesiani, sia poco più che un villaggio improvvisato: 6000 abitanti, sparsi in una penisola ricoperta dalla vegetazione tropicale. Non esiste un vero centro, nè una zona residenziale, ma solo successioni di case in muratura e piccoli hotel, tra l'Oceano e le zone ancora occupate dalla vegetazione. C'è un campo da baseball (influenza americana), un porto, un cinema e qualche altra comodità.
Viale centrale a Kolonia |
Strada nella periferia della cittadina |
Qualche rovina di edificio religioso potrà farvi risentire sprazzi di aria coloniale, quando a Kolonia sventolavano bandiere spagnole o tedesche, quando gli unici a sbarcare dal mare erano pochi avventurieri e missionari e il mondo oltreoceano era per gli indigeni una realtà strana e quasi del tutto sconosciuta...non che oggi, almeno da questo ultimo punto di vista, le cose siano molto cambiate.
Rovine di una chiesa luterana |
Rovine di una chiesa cattolica, nord di Kolonia |
Abbandoniamo Kolonia, seguendo una strada che porta a sud-ovest, e facciamo tappa alla Rocca di Sokehs. Quest'altura di roccia basaltica di 180 metri, la cui struttura è visibile lungo tutta la costa nord di Pohnpei, ospita ancora vecchie mitragliatrici e postazioni di artiglieria giapponesi e dalla sua cima offre una magnifica vista su Kolonia, sugli atolli e sull'Oceano che la circondano.
La baia di Kolonia da Sokehs |
Postazione giapponese degli anni '40 |
On the road... |
Tramonto verso la foresta nei pressi di Palikir |
Dopo Palikir, la Pohnpei Ring continua verso sud, addentrandosi sempre più nel regno della foresta pluviale, interrotta da pochi caseggiati e da qualche fiume ingombro d'acqua piovana che procede verso il mare. Una breve gita nel selvaggio entroterra, per i più avventurosi, riserverà lo spettacolo di numerose cascate e della vegetazione incontaminata ancora più densa di quella Amazzonica.
Cascate "Lidududuhniap", entroterra vicino a Palikir |
Scatti della foresta pluviale Pohnpeiana |
Il monte Puswan Malik |
Questi sono alcuni degli scatti che avete più probabilità di fare se continuate lungo l'unica strada asfaltata dell'isola fino al sud di Pohnpei, dove essa incontra la distesa dell'Oceano, facendo "respirare" la vostra vista dopo chilometri e chilometri di esclusiva giungla.
Località di Rohi, sud di Pohnpei: la vista sul Pacifico |
Dopo Rohi, la Pohnpei Ring comincia a risalire, e noi viaggiatori, virtuali e reali, arriveremo al pezzo forte del nostro tour, il più importante retaggio del passato di tutto l'Oceano Pacifico: è la città perduta di Nan Madol.
Su questo sito archeologico di straordinario interesse storico Rive d'Oceania preparerà sicuramente un approfondimento, con più foto e più contenuti, nel prossimo futuro. (Eccolo qui finalmente!)
Ma per rendere comunque completo il tour di Pohnpei, è necessario introdurre già qualcosa sulla "Venezia del Pacifico".
Rovine di Nan Madol |
Il nomignolo "Venezia del Pacifico" è dovuto al fatto che la sua collocazione si trovi solo in minima parte sulle sponde di Temwen: la maggior parte delle sue strutture, oggi sommerse tra i coralli e la sabbia, era posta su una serie di isolotti artificiali, ben 96, collegati con canali non troppo differenti da quelli di Venezia o Amsterdam.
La fine della civiltà di Nan Madol è dovuta, secondo alcune leggende, all'arrivo di guerrieri dall'isola di Kosrae, un altro dei 4 Stati Federati di Micronesia: guidati dal capo Isokelekel, avrebbero facilmente annientato una civiltà florida ma non più abituata a difendersi dall'esterno come quella di Nan Madol.
Di fatto, comunque, è probabile che anche uno tsunami, tra il '500 e il '700, abbia contribuito a colpire una città già in declino.
Rovine di Nan Madol da uno dei canali del sito |
Anche l'entroterra, dopo Nan Madol, riserva alcuni spettacoli naturalistici: oltre all'ottima vista sul selvaggio altopiano che domina Pohnpei, a pochi chilometri dalla misteriosa città semi-sommersa troviamo le cascate Kepirohi, qui sotto fotografate.
Vista delle cascate |
Dopo Nan Madol, la strada risale verso nord, costeggiando prima la barriera corallina e le mangrovie, e poi rituffandosi per il suo tratto finale nelle vegetazione, sbucando a Kolonia.
Qui ha fine il nostro tour virtuale, dove il viaggiatore potrà assaporare, ancora una volta, il pesce locale, ri-comprare gli Oh-Pong, visitare nuovamente le mura spagnole, chinatown, e prenotare in uno dei pochi alberghi locali. Cose che, insomma, potete già aver fatto all'andata, ma che dopo il giro tra le cascate, le foreste e i misteri archeologici dell'isola, potrebbero mancarvi: se vi siete tuttavia dimenticati di provare la Sakau, che corrisponde alla variante Pohnpeiana della Kava, la bevanda più diffusa del Pacifico (assieme alla birra, ma la Kava in Oceania c'è da millenni), allora date una chance a questo storico prodotto di Pohnpei, provando quindi anche sulla vostra lingua uno dei gusti inimitabili di quest'isola del Pacifico.
Da Kolonia all'aeroporto di Dekehtik il viaggio è breve: più lungo sarà quello che vi porterà al prossimo aeroporto, che esso sia in Asia, in Australia, o a Guam. Siate sicuri di guardare dal finestrino poco dopo la vostra partenza: la Rocca di Sokehs, il grande simbolo di Pohnpei, non è mai una vista banale, da nessuna prospettiva. E se avete deciso di tornare qui, ricordatevi di chiamarmi.
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