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Thursday, April 16, 2015

Rennell: alla scoperta della perla delle Isole Salomone

Non sono pochi i motivi per considerare l'Isola di Rennell come una delle perle più autentiche e meritevoli di una visita -e di protezione- nell'Oceania e nel mondo.
La parte orientale dell'isola, che contiene il più grande lago dell'Oceania insulare, il lago Te Gano, è diventata Patrimonio dell'umanità UNESCO nel 1998 ed è uno dei luoghi più incontaminati in assoluto dell'Oceano Pacifico.

Il Lago Te Gano, Isola di Rennell
Rennell, situata a sud dell'arcipelago delle Isole Salomone, 2000 km a nord-est dell'Australia, è il secondo atollo corallino rialzato del mondo per superficie.

L'isola è stata sollevata di recente (parliamo ovviamente di tempi geologici) dai movimenti tettonici che caratterizzano le instabili isole del Pacifico, generate nel tempo proprio da eruzioni e ripetuti terremoti, e dopo il sollevamento sono lentamente cresciute, nelle acque basse vicine alla nuova isola, le formazioni coralline.

Oggi, le ripide scogliere che delimitano in alcuni punti il lago Te Nggano sono proprio i rimasugli di quei coralli originari, "architetti" e "carpentieri" di tutte le isole come questa, mentre nelle acque basse che circondano Rennell vivono nuove barriere coralline che testimoniano l'instancabile ciclo di nascita e morte che domina la natura e ci dona spettacoli come questa isola.

Il lago, principale attrazione di Rennell, è lungo 29 km e largo 10, e occupa il 17 % della superificie totale dell'isola. Le rocce che segnano lo stretto confine tra il lago e il mare permettono il passaggio di acqua e lo rendono leggermente salato.
Le sue coste ospitano 4 villaggi che considerano il lago una proprietà comune.

Te Nggano al tramonto
Nel complesso, gli abitanti dell'isola, che hanno origine Polinesiana pur vivendo in un arcipelago Melanesiano, sono molti pochi (circa 2200), a causa della poca acqua dolce e dei pochi suoli coltivabili, e questo favorisce sicuramente la conservazione dello splendido ambiente di Rennell.

Granchio del cocco,
capace di aprire le noci
di cocco con le chele
Le foreste dell'isola ospitano infatti 43 specie di uccelli, di cui 4 endemiche e 9 sottospecie endemiche, 11 spece di pipistrelli, 13 di rettili, 731 insetti più moltissime piante, di cui 230 utilizzate dai locali per i più svariati scopi medicinali. Si tratta di una grande ricchezza per un'isola con un suolo così povero e la cui storia è relativamente recente.

Nonostante sia priva di risorse al di là di quelle naturalistiche, Rennell, come moltissime altre località del Pacifico, è stata coinvolta nella Seconda Guerra Mondiale.
Nel gennaio del 1943, gli Stati Uniti attaccarono qui il Giappone, che riuscì a difendersi dall'assalto degli americani, i quali nel giro di un anno avrebbero comunque cacciato i nipponici dall'intero arcipelago delle Salomone.

Gli abitanti del luogo ricordano ancora questi avvenimenti. E a monito anche per le future generazioni rimangono nel fondo del lago di Te Nggano 9 aerei, affondati qui durante gli scontri più di settant'anni fa.

Alba su un'isoletta nel cuore di Te Nggano

Thursday, January 1, 2015

Pillole d'Oceania, episodio 5: Esistono i neri con i capelli biondi? Sì, in Oceania!

Ecco la quinta curiosità sul mondo dell'Oceania, primo articolo di questo blog nel 2015.
Esistono persone di colore con i capelli biondi, naturali e non tinti?

Pirla

L'Oceania è un continente poco conosciuto che però può rivelare une delle sue molte sorprese anche qui: nelle popolazioni della Melanesia, soprattutto le Isole Salomone e l'isola della Nuova Britannia, esistono infatti biondi di colore.
Distribuiti soprattutto nei villaggi costieri delle isole, si era pensato che il colore dei loro capelli fosse dovuto a millenni di vita vicino al mare (in particolare al sale marino) o all'influenza del forte sole dei tropici, alla dieta ricca di pesce degli isolani o all'incrocio con le popolazioni dei coloni europei e americani nei secoli scorsi. Tuttavia, un nuovo studio, condotto su quel 10 % di biondi delle Isole Salomone, rivela che i capelli chiari hanno la stessa origine dei biondi europei.

Solomonian People


I capelli biondi, anche qui in Oceania, sono dovuti ad una mutazione genetica. Qualche migliaio di anni fa, probabilmente nelle isole degli arcipelaghi della Papua Nuova Guinea, come la Nuova Britannia, si verificò una mutazione che portò alla comparsa di capelli biondi. Trattandosi di piccole popolazioni, il nuovo carattere si diffuse più facilmente, e poi, quando le popolazioni melanesiane migrarono verso altre isole, i biondi si diffusero anche altrove, come alle Salomone. La stessa cosa era accaduta separatamente, solo molti anni prima, nel Nord-Europa, dove oggi i capelli biondi, forse per selezione naturale, sono diventati il carattere dominante in Scandinavia e paesi vicini.

Friday, October 3, 2014

Bandiera delle Isole Salomone: storia e significato

Progettata da un artista neozelandese e adottata ufficialmente nel novembre 1977, un anno prima dell'indipendenza, la bandiera delle Isole Salomone consiste in una sottile linea gialla diagonale che divide il disegno in un settore in basso a destra, verde, e in uno in alto a sinistra, blu con 5 stelle bianche.

Bandiera delle Isole Salomone
Bandiera delle Isole Salomone
Il blu rappresenta il colore dell'Oceano Pacifico, con le 5 stelle che rappresentavano in origine le 5 province del paese, che oggi diventate 9. Per ovviare a questo cambiamento si tende ora a interpretare le stelle non come le province, ma come i 5 principali gruppi di isole che compongono l'Arcipelago delle Salomone.
Il giallo rappresenta l'alba e, infine, il verde simboleggia la fertilità della nazione e il colore tipico della foresta tropicale che ricopre la maggioranza del territorio.

Articolo principale sulle Isole Salomone


Tuesday, July 1, 2014

Esistono ancora i cannibali?

La verità nascosta dietro un quesito in apparenza così facile potrebbe essere piuttosto complessa.
Se ci riferiamo a episodi come il mostro di Milwaukee, o ai gesti di taluni sotto l'effetto di cocktail di droghe particolarmente pesanti, allora di certo il cannibalismo esiste ancora, sebbene legato a episodi rari o a persone mentalmente instabili.

Ma la domanda per cui probabilmente state leggendo questo articolo è un'altra: esiste, ancora, un popolo che pratichi coscientemente e regolarmente la pratica di mangiare carne umana?
Se avete pensato che l'antropofagia sia legata solo ai popoli selvaggi che i missionari incontravano nelle giungle delle colonie europee nel '600 e nel '700, se avete pensato che ora tutti quei popoli si siano "sviluppati" e state per rispondere "Allora no, questo tipo di cannibalismo ovviamente non esiste più" allora fermatevi. L'Oceania, la terra delle infinite isole, dei paradisi tropicali, delle stupende barriere coralline e delle tribù ancestrali, può stupirvi anche da questo punto di vista.

cannibalism map
Mappa del cannibalismo a fine '800


Quando le isole dell'Oceania, raggruppate nelle "macroregioni" della Micronesia (a ovest del Pacifico), della Melanesia (a sud-ovest) e della Polinesia (nel centro-sud del Pacifico) furono per la prima volta raggiunte dagli europei, il cannibalismo era praticato, o era stato praticato, quasi ovunque.

Nell'Isola di Pasqua, gli abitanti riferirono agli europei che i loro antenati erano stati fieri kai-tangata, "mangiatori di uomini". La carne umana era ambita anche nelle Isole Marchesi, parte dell'attuale Polinesia Francese, mentre alle Hawaai, come riferisce il capitano King nel 1779, James Cook fu ucciso e mangiato dagli indigeni, che portarono all'equipaggio di King stesso mezzo kilo della carne del suo famoso predecessore.
Il cannibalismo polinesiano, a quanto pare, era legato alle battaglie tra le varie tribù, al termine delle quali cibarsi dei prigionieri rappresentava, essenzialmente, la forza del villaggio vincitore.

In Melanesia, invece, la pratica era diffusa proprio ovunque, dalle Vanuatu alla Papua Nuova Guinea, passando per le Isole Salomone, (per non parlare dei famigerati cannibali delle Fiji) ed era legata, oltre che alle lotte tra villaggi, anche a riti religiosi animisti.

Con il passare del tempo, tuttavia, la diminuzione dei conflitti interni, l'azione insistente dei missionari e anche il proliferare di gravi malattie tra i popoli cannibali (come il Kuru, una malattia neurodegenerativa che è l'equivalente umano del morbo della mucca pazza) portarono all'abbandono dell'antropofagia...ma non ovunque.
A Vanuatu, l'ultima uccisione rituale a fine antropofago è datata 1969, e in date simili si crede che la pratica ebbe fine anche alle Salomone. In questi ultimi casi si trattò, comunque, di episodi isolati.

Nell'Isola della Nuova Guinea, tuttavia, divisa politicamente tra la provincia indonesiana dell'Irian Jaya (ovest) e lo stato indipendente della Papua Nuova Guinea (est), la pratica del cannibalismo è tutt'oggi viva. Accertata e documentata.

Siamo nella zona centro-occidentale dell'Isola della Nuova Guinea, in un'area di foresta così oscura e selvaggia che ancora lo sviluppo moderno e ciò che in genere lo segue, la deforestazione, non si sono fatti spazio. Qui, gli unici a comandare sono gli indigeni, e difficilmente si sente l'influenza di un'autorità nazionale centrale, sia essa l'Indonesia o la Papua Nuova Guinea.

Korowai people
L'area del popolo Korowai








Il territorio è abitato dal popolo Korowai, circa 3000 persone divise in piccoli clan che abitano su stupefacenti case sugli alberi. Qui, i primi missionari non sono nemmeno arrivati, mentre quelli olandesi degli anni '70 del secolo scorso, primi uomini bianchi a essere visti dagli indigeni, se ne andarono dopo poco, chiamando le terre dei Korowai "l'inferno del Sud".

Le poche informazioni di cui disponiamo riguardo loro sono dovute proprio all'attività dei missionari e a quella degli antropologi. Un reporter dello Smithsonian Institute, Paul Raffaele, trascorse alcuni giorni tra i Korowai nel 2006, con l'aiuto di un interprete indonesiano.
L'intero articolo, che sarà riassunto nel resto di questa pagina, descrive alcuni usi dei nativi, compreso il cannibalismo.

Korowai House
Casa sull'albero dei Korowai





A Raffaele, diversi Korowai confessarono, senza sensi di colpa, di aver mangiato la carne dei khakua. 
Chi sono, quindi, i khakua, le vittime del cannibalismo Korowai?
Per comprenderlo, è necessario immedesimarsi nella vita di questo popolo, legato al culto animista da una parte e spesso flagellato da malattie come la malaria e la tubercolosi.
Quando una persona del clan si ammala, generalmente, gli indigeni, che non conoscono le malattie e interpretano i malesseri come un influsso degli spiriti, credono che egli sia sotto l'attacco di un uomo malvagio che lo sta "divorando" dall'interno. Quest'uomo, detto khakua, si sta chiaramente macchiando di un gravissimo crimine.
In punto di morte, la persona malata di tubercolosi o malaria, convinta di essere sotto l'attacco di una sorta di stregone, sussurra a suo fratello o al suo migliore amico il nome del presunto khakua, di colui che lo sta uccidendo. Spesso, ovviamente, l'assassino indicato risulta essere il membro di un clan avversario, ma non sono stati rari i casi di fratelli o sorelle dei defunti accusati di essere stregoni.

La superstizione, ovviamente, è priva di qualsiasi valore scientifico, ma per i Korowai, l'espiazione del peccato del khakua è una parte integrante della giustizia tribale: individuato il khakua, i membri della famiglia del morto lo rapiscono e lo uccidono, divorandone la carne e conservandone il teschio. Per tutta la notte dopo l'uccisione, i cannibali sbattono le ossa del sospetto stregone sui tronchi degli alberi, per allontanare dalla famiglia gli altri possibili khakua.

Korowai photograph
Fotografia dei Korowai






La superstizione dei Korowai è legata alla cultura animista che ancora molte culture Neo-Guineane condividono. E anche se in Nuova Guinea la maggioranza della gente si dice cristiana, l'influsso degli antichi culti tribali, soprattutto nei villaggi dell'entroterra, è ancora molto forte.
A tal proposito, basti sapere che, fino al maggio del 2013, i tribunali della Papua Nuova Guinea applicavano sconti di pena a chi uccideva una persona, se tale vittima era legittimamente sospettata di atti di "magia nera".

Nel 2012, a Madang, nella zona della Nuova Guinea sotto lo stato indipendente del Papua, sono invece stati arrestati ben 29 uomini per atti omicidi e antropofagi. Interrogati dalla polizia, confessarono tranquillamente di aver ucciso e mangiato alcuni sospetti stregoni, a conferma della diffusione delle credenze animiste nelle aree più remote dell'isola.

Se volevate una risposta alla domanda da cui questo articolo è partito, allora sì: il cannibalismo, anche se molto meno diffuso di un tempo, anche se ripudiato da quasi tutte le tribù che un tempo lo praticavano, esiste ancora, nei luoghi più remoti delle foreste e delle montagne della Nuova Guinea.