Nonostante questo, attraversare l'oceano con una nave o sorvolarlo con un aereo, per arrivare in una terra di opportunità e rinascita, è un gesto che non perderà mai la sua componente avventurosa. E ci sono ancora popoli per i quali l'emigrazione rappresenta ancora un salto tra due mondi opposti l'uno all'altro, un cambiamento come quello che doveva affrontare un contadino siciliano nel passare dal suo campo di mais alle avenue di New York, affollando Little Italy per guadagnare poche lire al mese: è il caso dei popoli della Polinesia, che in tutto ciò che fanno e rappresentano non suscitano mai noia.
Rive d'Oceania, uno dei portali italiani leader riguardanti il mondo delle Isole del Pacifico, basandosi su articoli, inchieste, documentari e statistiche, vi porterà da oggi, con una serie di 4 articoli, all'interno delle comunità degli emigrati Polinesiani in Nuova Zelanda, alla scoperta di un mondo di fascino unico che ha molto da comunicarci. Il nostro viaggio tra i Polinesiani della Nuova Zelanda, che chiameremo "pesci fuor d'acqua" (lo spiegheremo man mano il perché) deve iniziare chiarendo cosa ci sia di così singolare riguardo questa gente e la loro storia, e lo farà sullo sfondo di una splendida città neozelandese, chiamata spesso, non a torto, "La Capitale del Pacifico".
Auckland, Nuova Zelanda
Auckland al tramonto |
Cos'abbia a che fare con le comunità dei nostri pesci fuor d'acqua è presto detto: qui il 15 % degli abitanti appartiene alla categoria dei "Pacific Islanders", gli abitanti delle isole del Pacifico (Polinesia, Micronesia e Melanesia), che qui sono quasi 200 000. La Capitale del Pacificosi merita questo soprannome non solo grazie a tutti i cittadini nati a Samoa o Tonga iscritti all'anagrafe, ma anche grazie alla vivacità culturale che qui le comunità del Pacifico manifestano: ad Auckland si tengono ogni anno popolarissimi festival a sfondo polinesiano come il Pasifika e il Polyfest, di cui parleremo al 4° articolo di questa serie.
L'emigrazione dalle isole della Polinesia alla Nuova Zelanda, un fenomeno che non ha più di 60 -70 anni d'età, è ancora un esempio di emigrazione "estrema".
Un'emigrazione così estrema che oggi, per fare un esempio, solo il 6 % della popolazione originaria della minuscola isola di Niue, abita effettivamente sul suolo dell'isola: il resto dei nativi affolla invece le metropoli della Nuova Zelanda o dell'Australia. Facendo un rapporto, è come se, su 60 milioni di italiani, 56 milioni vivessero all'estero e solo 4 rimanessero in Italia: un'autentica fuga generale, che si ripete anche per molte altre realtà del Pacifico. Tutto questo sarebbe comprensibile se gli emigrati potessero rifarsi una vita letteralmente laccata d'oro. Ma non è affatto così: i Polinesiani arrivati in Nuova Zelanda guadagnano poco più di un metà degli altri neozelandesi, vivono in famiglie più numerose ma in spazi più angusti, sopravvivono in maggioranza sui lavori manuali, i loro figli affrontano discriminazioni razziali e confusione riguardo quale sia la loro vera patria: e questi sono solo alcuni dei problemi che le loro comunità devono affrontare. Quindi perché queste migrazioni?
Sono tanti i motivi per cui la gente del Pacifico migra in massa verso la terra delle opportunità, passando da villaggi di 400 abitanti ai grattacieli delle metropoli Neozelandesi: tra le due cause dominanti c'è la volontà di cercare nuove opportunità e, al contempo, la volontà di trovare la sicurezza, soprattutto per chi, nei piccoli atolli del Pacifico centrale, affronta ogni giorno il rischio di alluvioni e mancanza d'acqua a causa dei famosi cambiamenti climatici.
Le sfide per i migranti sono enormi e c'è chi non le supera, finendo per annegare nell'alcolismo o per tornare alla propria isola, ma partire per la Nuova Zelanda, spesso con poco più che una valigia di cartone, è un rischio che molti sono disposti a correre. E non tutti finiscono con il precariato manuale: aiutati da una grande voglia di riscatto, molti Polinesiani hanno sfondato nel mondo dello sport, hanno ottenuto successi economici tali da poter mantenere la propria famiglia in patria, si sono realizzati e si sono scoperti, paradossalmente, ancora più fieri delle loro origini rispetto a quanto non lo fossero prima. Perché se c'è una cosa che scopriremo nel corso dei prossimi 3 articoli, è che le comunità del Pacifico in Nuova Zelanda non hanno per nulla scordato da dove vengono, rimanendo invece legate alla chiesa, alle famiglie allargate tipiche della Polinesia e a molte delle tradizioni che scandiscono la vita delle isole: ma l'inevitabile contrasto di questo mondo con quello Neozelandese crea anche difficoltà a stabilire quale sia il proprio vero posto, ed ecco il motivo per cui molti emigrati sono dei "pesci fuor d'acqua".
Dal prossimo articoli inizieremo finalmente ad addentrarci negli aspetti delle singole comunità. Cliccate sui link sottostanti per continuare il viaggio tra le comunità Polinesiane della Nuova Zelanda.
I prossimi articoli della serie
Episodio 1: La gente di Kiribati, Tuvalu e Tokelau che non vuole morire annegata
Episodio 2: Samoa, Cook, Tonga e Niue: "pesci fuor d'acqua" in prima fila
Episodio 3: Pasifika e altri festival: l'identità di un mondo che non vuole morire
Stay tuned!
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